Come dichiarare i redditi da Airbnb

Come dichiarare i redditi da Airbnb

Ormai sono diversi anni che le cosiddetta piattaforme OTA (Online travel agenzie, agenzie di viaggio online) sono a disposizione del grande pubblico: una vera e propria rivoluzione nel settore dei viaggi e delle sistemazioni alberghiere. 

Il turista ha oggi la possibilità di vedere e scegliere in piena autonomia, libero dalle costrizioni delle normali agenzie di viaggi, e di optare per il trattamento che preferisce, che sia in bed and breakfast o in pensione completa, che si trovi in un intimo appartamento messo a disposizione da un host Airbnb o in una suite del più moderno hotel 5 stelle.

La rivoluzione di Airbnb

Airbnb è un sistema di house sharing (letteralmente, condivisione della casa) che da un lato consente ai viaggiatori di trovare sistemazioni più economiche (e spesso più interessanti e fascinose) e dall’altro permette agli host (i padroni di casa) di guadagnare qualcosa dall’affitto di intere case o appartamenti ma anche di singole camere.

dichiarare Airbnb

Una vera e propria rivoluzione, si diceva. Ma, come per tutte le rivoluzioni, molto c’è ancora da fare e da scoprire, prima di potersi dire “esperti del settore”. Uno degli scogli più ardui, per il privato che decide di inserirsi in questo ambito, è comprendere le norme e le regole da seguire – e a cui sottostare – per evitarsi in seguito brutte sorprese.

Lo scoglio delle tasse…

Parliamo delle tasse, naturalmente, e di come sia possibile gestire un appartamento o una casa vacanza senza stress e soprattutto senza andare contro le leggi italiane… che fortunatamente, almeno in questo caso, sono ora piuttosto chiare.

Per venire incontro a questa rivoluzione dal punto di vista della persona che affitta, dal 1° giugno 2017 esiste infatti una regolamentazione fiscale relativa a quelle che vengono chiamate “locazioni brevi”: affitti di durata non superiore ai 30 giorni stipulati da persone fisiche (non di società o persone giuridiche, quindi) di immobili situati in Italia.  Per questi affitti non è necessario, come si sa, registrare il contratto, ma è obbligatorio comunque stilarlo perché è su questo, più che sulle ricevute, che ci si basa per il conteggio del reddito.

… e quello della registrazione

Come per tutti gli hotel, anche per chi gestisce la propria casa in modo “amatoriale” è comunque sempre necessario trasmettere i dati degli ospiti alla Questura di riferimento, entro 48 ore dall’arrivo degli ospiti. Tali norme in materia a di identificazione degli ospiti previste dal Decreto Crescita (dl 145/2018) sono operative dall’inizio del 2019. L’obbligo è effettivo per tutti gli ospiti, indipendentemente dalla loro nazionalità. 

Al pari di tutte le strutture  ricettive, il padrone di casa che affitta il proprio appartamento con una tale formula deve iscriversi al sistema telematico “AlloggiatiWeb”, mirato alla digitalizzazione per la comunicazione dei dati degli ospiti alla Questura (vedi quanto previsto dall’art.109 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS).

Ma andiamo a vedere nel dettaglio cosa fare quando, grazie a tutto il nostro lavoro pregresso, cominciamo a ricavare un reddito dalla nostra casa.

Redditi derivanti da Airbnb

Se molti di noi hanno visto, nell’opportunità di affittare una seconda casa o un appartamento sfitto, la possibilità di crearci un reddito che possa aiutare in questi tempi di incertezza pensionistica e non solo, è però ovvio che quello che guadagniamo come host Airbnb è a tutti gli effetti un reddito imponibile e, come tale, soggetto a tasse.

Redditi derivanti da Airbnb

La prima cosa da tenere presente è in che veste si ricavano dei guadagni dalla nostra casa o appartamento. Se, ad esempio, abbiamo più proprietà da affittare e ne abbiamo fatto il nostro lavoro a tutti gli effetti, è probabile che ci sia stato suggerito di aprire una società, e quindi entriamo in un ambito diverso. Per la maggior parte delle persone, però, l’attività di host Airbnb è part-time, un modo per sostenere la famiglia con un’entrata supplementare ma senza rinunciare, ad esempio, alla casa al mare per le proprie vacanze.

Regime ordinario IRPEF

In generale, vi sono due modi di gestire la questione tasse. Se, ad esempio, il reddito  Airbnb si abbina a un lavoro dipendente, i due redditi potrebbero essere sommati e tassati con un’aliquota probabilmente oscillante tra il 23% e il 43%. Si parla qui di regime ordinario IRPEF. Se deciderai di utilizzare questo regime, avrai il vantaggio di poter applicare delle detrazioni per i costi di ristrutturazione della casa o per i costi di gestione di Airbnb. L’aiuto di un commercialista o di un patronato ti permetterà di capire dove inserire il reddito proveniente dall’affitto di una proprietà all’interno della tua dichiarazione dei redditi.

Cedolare secca

Si può anche scegliere di usufruire di un regime fiscale alternativo all’IRPEF. Riservato al reddito proveniente da affitti e quindi anche ai redditi derivanti da Airbnb, questo è chiamato cedolare secca ed è riservato solo a chi esercita l’attività di affitto in modo non professionale e solo in qualità di persona fisica (non di persona giuridica, ovvero come società o gestore di strutture ricettive). In questo caso, però, non sarà possibile portare in detrazione alcuna spesa relativa all’attività. Tanto per fare un esempio, l’acquisto di un nuovo computer o di un software gestione casa vacanze non potrebbero essere conteggiati per le detrazioni. La cedolare secca applica un’aliquota fissa del 21% al solo reddito relativo agli affitti. 

La regolamentazione fiscale varata nel 2017 garantisce proprio la possibilità, per gli affitti di breve durata, di usufruire del regime della cedolare secca. Il problema non ancora risolto, a livello legale, è se a tale regime debbano essere assoggettati anche i contratti stipulati a mezzo di portali online. In parole povere, se i portali online come Airbnb (ma anche Expedia o Booking, tanto per nominare i più comuni) intervengono nei pagamenti o incassano dei canoni o quant’altro derivante da tali contratti di affitto di breve durata, tali canoni – secondo il governo italiano – dovranno essere assoggettati alla ritenuta del 21%. In questo caso, i portali online dovrebbero agire come nostro “sostituto d’imposta”, proprio come farebbe un datore di lavoro, trattenendo il 21% delle nostre entrate alla fonte.

Finora Airbnb si è rifiutato di effettuare questa trattenuta del 21% alla fonte, e, dopo vari suoi ricorsi respinti dal TAR, la contesa è andata a finire alla corte UE. Ovviamente, il fatto che Airbnb rifiuti di agire come sostituto d’imposta non consente ai proprietari di non pagare quanto dovuto in sede di dichiarazione dei redditi. È semplicemente un modo per contenere l’evasione fiscale da parte del governo italiano, proprio come viene fatto sulle buste paga dei dipendenti. 

Dichiarazione dei redditi: un momento temuto

Le tasse sono tuttora un argomento spinoso, anche e soprattutto perché sconosciuto ai più. Temiamo quello che non conosciamo! Ti consigliamo quindi, prima di imbarcarti nell’avventura del b&b e di strapparti i capelli al pensiero di come dichiarare i redditi di Airbnb, di informarti online o presso un commercialista di tua fiducia.  Anche l’opzione dei patronati è interessante, considerando che, spesso, offrono assistenza gratuita. 

Come per una serie di altre circostanze, tutto si può affrontare se opportunamente preparati. Un’assistenza iniziale ci può salvare da molte brutte sorprese al momento della dichiarazione dei redditi e, soprattutto, ci permetterà di capire quando guadagniamo davvero dalla nostra casa o appartamento.

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